Home » Anziani: facciamo chiarezza sui problemi cognitivi

I problemi cognitivi nell’anziano sono piuttosto frequenti, facciamo chiarezza con Antonio Di Mauro, geriatra del “Cannizzaro” di Catania.


COS’È IL DECADIMENTO COGNITIVO?

I problemi cognitivi sono una sfida comune che molti anziani affrontano con l’avanzare dell’età, è una condizione fisiologica normale. Spesso è un quadro patologico legato a diverse cause, come malattie vascolari o degenerative come l’Alzheimer.

Affrontare tempestivamente i cambiamenti comportamentali e intervenire adeguatamente può fare la differenza nella gestione e nella qualità della vita dei pazienti. E’ anche vero che non tutti gli anziani sperimentano problemi cognitivi e ci sono persone ultranovantenni che mantengono una perfetta funzione cognitiva.

DECADENZA COGNITIVA: QUALI SONO I SINTOMI?

Il decadimento cognitivo può manifestarsi in diversi modi e mostrare una varietà di sintomi, può insorgere in qualsiasi momento ma è importante iniziare a valutare i pazienti a partire dai 65 anni. È importante non sottovalutare alcun cambiamento comportamentale o perdita di interesse, in quanto potrebbero essere segnali di allarme. I sintomi più comuni includono:

  • Perdita degli interessi: una diminuzione dell’interesse per attività o hobby precedentemente amati;
  • deflessione dell’umore: variazioni dell’umore, che possono includere irritabilità, tristezza o apatia;
  • diverso approccio alla vita: disinibizione, modifiche degli atteggiamenti abituali, un cambiamento nella prospettiva o nell’atteggiamento verso la vita. Perdita di autonomia nelle attività di vita quotidiana o perdita di memoria.

QUALI SONO LE FASI DELLA DECADENZA COGNITIVA?

Esistono diverse patologie che possono causare la decadenza cognitiva negli anziani, tra cui la demenza di tipo vascolare, la demenza di Alzheimer e la demenza a corpi di Lewy. Queste patologie si differenziano per i sintomi iniziali e la modalità di esordio. Il decadimento cognitivo può essere:

  • Lieve: il paziente può sfuggire all’osservazione dei familiari a causa della minimizzazione dei sintomi. Tuttavia, è importante riconoscere i segni iniziali, come la compromissione delle attività strumentali;
  • Moderata: il paziente presenta un disturbo cognitivo che influisce sulla capacità di svolgere attività relazionali e strumentali. Potrebbero sorgere difficoltà di attenzione e confusione, memoria;
  • Grave: il paziente è completamente dipendente nelle attività di vita quotidiana e strumentali. È necessario fornire assistenza per le funzioni fisiologiche di base, come mangiare e l’igiene personale.

Lo screening e la valutazione multidimensionale dei pazienti ultranovantenni sono fondamentali per individuare lievi segnali di problemi cognitivi. Ad esempio, la perdita di orientamento temporale e spaziale, oltre alla disorientamento nella riconoscimento delle persone, sono indicatori importanti che non devono essere sottovalutati.

DECADENZA COGNITIVA: COME AVVIENE LA DIAGNOSI?

La valutazione del paziente avviene attraverso dei test cognitivi, come ad esempio il “Mini Mental Status”, un breve esame per valutare, senza pretesa di completezza ma con una certa affidabilità, lo stato neuro-cognitivo e funzionale di un paziente.

Oltre a questi risultati si tiene conto delle attività di vita quotidiana del paziente, che possono essere suddivise in attività di base e attività strumentali. In alcuni casi il decadimento cognitivo può essere diagnosticato in seguito non solo ad un’anamnesi medica ma anche in base alla presenza di alcuni dati clinici: neuropsicologici, i marcatori morfologici o di patologia.

QUAL’È LA TERAPIA?

Sebbene non esistano cure definitive per il decadimento cognitivo, alcune terapie farmacologiche possono offrire risultati limitati nelle fasi iniziali. Inoltre, il trattamento non farmacologico riveste un ruolo centrale nella gestione della condizione. La terapia occupazionale rappresenta una componente fondamentale per rallentare il progresso del decadimento cognitivo. Essa consente ai pazienti di impegnarsi in attività adatte alle loro capacità, ridotte.

COME SI PREVIENE?

Alcuni comportamenti permettono uno stile di vita “neuroprotettivo”. Questi sono:

  • Fare movimento fisico: anche in presenza di una predisposizione genetica alla demenza, l’esercizio fisico regolare è in grado di compensare e azzerare il rischio correlato alla familiarità.
  • Alimentarsi in modo corretto: un regime alimentare caratterizzato dal consumo di frutta e verdura, legumi, cereali integrali, olio d’oliva, pesce e pollame si associ a una funzionalità cognitiva conservata in età avanzata e a una ridotta possibilità di sviluppare demenza.
  • Prendersi cura della propria salute fisica e psicologica: ci sono infatti alcune condizioni cliniche – tra cui diabete, ipertensione e patologie cardiovascolari – che sono state associate dalla ricerca a un maggior rischio di sviluppare demenza. Accanto alla salute fisica, soffrire di ansia o depressione e non prendersene adeguatamente cura è associato a un maggior rischio di sviluppare un maggior declino delle funzioni cognitive in età avanzata.
  • Coltivare le relazioni sociali: l’assenza di rapporti interpersonali o il fatto di avere relazioni molto stressanti o di cattiva qualità, dominate, ad esempio, da dinamiche quali l’ambivalenza, l’iper-controllo o il sentimento di impotenza, esporrebbe al rischio di un maggior declino cognitivo in età avanzata.
  • Mantenere il cervello allenato: continuare a lavorare o studiare anche dopo il pensionamento, leggere, informarsi, giocare a carte, viaggiare, coltivare un hobby, cimentarsi in nuove esperienze e, in generale, non smettere mai di imparare.
  • Aumentare la propria “riserva cognitiva”: la riserva cognitiva è una sorta di “dote” che la persona si costruisce nel corso degli anni e che, una volta giunta all’età avanzata, ha un effetto protettivo contro il declino cognitivo e altre problematiche a carico del cervello. Tale riserva è il risultato dell’accumulo nel tempo di esperienze cognitivamente stimolanti capaci di stabilire un numero elevato di connessioni sinaptiche tra i neuroni del cervello.
  • Lavorare sul proprio mindset: le persone in età avanzata che hanno credenze negative sulla vecchiaia hanno una maggior probabilità di sviluppare demenza rispetto a coloro che ne hanno una visione positiva.

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