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Assistenza domiciliare: le famiglie dei rari con disabilità gravissima abbandonate a se stesse

La denuncia di OMaR: “Situazione drammatica da Nord a Sud. Urgono risorse dedicate, come previsto anche dal Testo Unico Malattie Rare”. Presentata ieri un’interrogazione parlamentare dall’On. Fabiola Bologna.

Roma, 6 Maggio 2021

Vito e Andrea vivono in stato vegetativo, sono entrambi tracheostomizzati, respirano attraverso la ventilazione assistita e vengono alimentati artificialmente mediante la PEG. Hanno una malattia rara, degenerativa. “Da 10 anni a questa parte casa nostra somiglia a un reparto di Rianimazione. L’anno scorso siamo rimasti completamente soli da marzo a inizio giugno, poi di nuovo a dicembre, nonostante i nostri figli necessitino assistenza infermieristica specializzata h42”. Sono le parole di papà Francesco Spera, pugliese, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Ceroidolipofuscinosi.

C’è poi Michela, che assiste in provincia di Napoli il marito Giovanni che oggi ha 55 anni e la condanna della SLA. “Un paziente con SLA allo stadio avanzato necessita di assistenza h24, ma le ore concesse sono nulla rispetto all’effettivo bisogno. Senza la mia presenza mio marito, in più di un’occasione, avrebbe rischiato la vita. Ci vengono affidati infermieri inesperti che non sono neppure in grado di utilizzare l’AMBU, indispensabile per i malati di SLA. Più di una volta ho dovuto interrompere la lezione e correre in soccorso di mio marito. Risultato? Alla fine ho lasciato di nuovo la scuola. Avere a che fare con personale senza competenze specifiche è semplicemente devastante. Si parla tanto di dignità dei pazienti che poi, però, all’atto pratico vengono lasciati a sé stessi insieme alle loro famiglie”.

Sono soltanto due tra le migliaia di voci straziate dal dolore che abbiamo ascoltato in questi mesi – spiega Ilaria Vacca, giornalista dello Sportello Legale di Osservatorio Malattie Rare – e che ci ricordano come la maggior parte delle risorse del nostro Servizio Sanitario Nazionale sia stata drammaticamente spostata sull’emergenza sanitaria attualmente in corso, esasperando le già precarie situazioni ad alta intensità e complessità assistenziale. Con ricadute violentissime sulle famiglie, e in particolare sulle donne, madri e caregiver per antonomasia. Costrette ad abbandonare il lavoro per assistere a tempo pieno i propri familiari, rischiando di perdere il lavoro e anche la salute”.

Sono situazioni purtroppo comuni da Nord a Sud – afferma l’avvocato Roberta Venturi, co-responsabile dello Sportello OMaR – anche in Lombardia la situazione è grave, come denunciato dalla Fondazione Maddalena Grassi, principale erogatore di servizi di assistenza domiciliare rivolto ai minori con disabilità grave e gravissima che ha di recente sollevato una situazione oggettivamente critica per quel che concerne la carenza del personale infermieristico specializzato in Regione Lombardia. La Fondazione evidenzia una carenza del personale infermieristico specializzato per una carenza di figure professionali, per burn out delle medesime e per un mercato altamente competitivo, caratterizzato in particolare dalla parte pubblica che remunera attività vaccinali e tamponi a prezzi non competitivi con gli accessi domiciliari e che rende difficilissimo reperire sul mercato personale infermieristico specializzato”.

L’assistenza domiciliare è sempre stata una criticità del Nostro Sistema Sanitario Nazionale – chiarisce l’On. Fabiola Bologna che sul tema ha presentato ieri un’interrogazione parlamentare (5-05928) – Purtroppo, a causa della pandemia la situazione è ulteriormente peggiorata, portando profondi disagi soprattutto per le famiglie di bambini con disabilità gravi e gravissime. Il Testo Unico sulle Malattie Rare, di cui sono Relatrice, ha tra i vari obiettivi quello di rendere più omogenea ed organizzata l’erogazione di questo servizio: in attesa della ripresa dei lavori è necessario attenzionare la problematica e trovare una soluzione in particolare incrementando le risorse per il personale sanitario sia per nuove assunzioni sia per la formazione di competenze, per garantire qualità del servizio alle persone che vivono una condizione di particolare complessità e fragilità”.

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