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Disturbi della tiroide: cibi consentiti e cibi da evitare

I disturbi alla tiroide coinvolgono circa 6 milioni di italiani. Negli ultimi 20 anni i casi di tumore sono aumentati di oltre il 200%, le donne ne soffrono più degli uomini. Vediamo quale supporto può dare la dieta alimentare a chi soffre di queste patologie.

di Melania Sorbera

Secondo la medicina ufficiale non esiste una dieta uguale per tutti contro l’ipotiroidismo. Questo perché l’ipotiroidismo, caratterizzato da un’insufficiente sintesi di ormoni tiroidei, può avere diverse cause. La carenza alimentare di iodio è  una delle cause d’origine più comune, nello stesso tempo non dimentichiamo però che anche un eccessivo apporto del minerale può – alla lunga – sovvertire la normale funzionalità tiroidea, instaurando non solo disturbi di iperattività ma anche di ipoattività.

Spesso l’ipotiroidismo ha un’origine autoimmune, perché legata ad alterazioni del sistema immunitario, come nel caso della “Tiroidite di Hashimoto“, raramente, invece, la tiroide non funziona a causa dell’inefficace stimolazione dell’ipotalmo. Considerato che la consulenza medica, in questi casi è fondamentale, e che il disturbo di origine alimentare è quello più diffuso vediamo quali sono i cibi da evitare se si è affetti da ipertiroidismo e viceversa incrementare se si soffre di ipotiroidismo.

Al primo posto della lista vi è il sale iodato, inserito in sostituzione del sale comune, utilizzandone 5 grammi al giorno, il massimo consentito per un adulto, attiva la tiroide.

Al secondo posto troviamo il pesce azzurro: alici o acciughe, sardine o sarde, sgombro, baccalà e merluzzo, se ne consigliano tre porzioni alla settimana.

Al terzo posto troviamo i crostacei, da quelli più utilizzati normalmente d’Estate, come i gamberi a quelli meno consumati come le mazzancolle, gli astici, le aragosta e i granchi. Anche le cozze, le vongole e le alghe marine essiccate contengono molto iodio.

Al quarto posto troviamo le uova. Due o 3 uova a settimana, come prevede un’equilibrata alimentazione, permettono di mantenere un livello di iodio standard un po’ per tutti.

Al quinto posto troviamo i fagioli. Una tazza di fagioli bianchi, cotti, è in grado di fornire circa il 40% del fabbisogno quotidiano di iodio.

Al sesto posto si posiziona lo yogurt, meglio quello di latte intero, se ne consiglia il consumo di un vasetto al giorno.

Al settimo posto abbiamo la carne. Per avere un maggiore apporto di iodio è meglio consumare quella di vitellone, preferibilmente il fegato.

Anche la frutta secca contiene una discreta quantità di iodio. Via libera quindi a noci, arachidi e pistacchi. Uno dei frutti estivi particolarmente ricco di iodio è il mirtillo rosso.

Tra i cibi da evitare perché in grado di ridurre l’assorbimento o l’utilizzo dello iodio nel nostro organismo vi sono, invece: i cavolfiori, i broccoli, la soia, i semi di lino, le rape, i ravanelli, il miglio e la tapioca. Il loro consumo moderato all’interno di una dieta varia non causa il manifestarsi di una disfunzione a livello della tiroide, ma potrebbe modificare l’effetto della terapia medicinale o ormonale assegnata dal medico in caso di disturbi accertati.

Accanto allo iodio, per la prevenzione della comparsa di disturbi tiroidei, è importante associare l’apporto del selenio, dello zinco, del magnesio. Sono alimenti ricchi di selenio: il pesce azzurro, le sardine fresche prima di tutto, i molluschi, le frattaglie del fegato, i cereali, soprattutto integrali. Fonti di zinco e magnesio sono, invece, i semi di sesamo di grano tostato, i semi di zucca, la carne di manzo, di agnello, le ostriche, il cioccolato fondente, gli arachidi e le noci.

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