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Epilessia farmacoresistente, la disabilità invisibile condanna la giovane Valentina alla solitudine

La madre di Valentina, affetta da epilessia farmacoresistente, per permetterle di andare a scuola, ha trascorso un anno fuori dall’aula: nessuno era in grado di gestire le sue “crisi di assenza”

“Chi è e come Valentina resta sola”. Sono queste le parole usate da Anna per raccontare a Osservatorio Malattie Rare le condizioni di sua figlia. Valentina, infatti, ha un quadro patologico estremamente complesso, che comprende anche un’epilessia farmacoresistente (che non risponde quindi al trattamento farmacologico), ma ciò che preoccupa sua madre non è tanto la sua salute quanto la sua solitudine.

Valentina non studia, non lavora e trascorre l’intera giornata a casa, con o senza le restrizioni dovute all’epidemia da Covid-19. Da quando ha terminato l’istituto alberghiero le sue giornate sono diventate piatte e senza il conforto di un progetto. “Le compagne si sono dileguate da tempo, comprese le amiche di sempre – ha spiegato Anna OMaR Il problema è che mia figlia ha una disabilità nascosta, quando la vedi non ti rendi conto che c’è qualcosa che non va: ma più passa il tempo, più la sua diversità la condanna a stare da sola”. Il quadro clinico della giovane è piuttosto complesso, ma sintetizzando si può dire che Valentina è nata con un blocco atrio ventricolare completo, a tre mesi ha avuto la meningite che le ha “bruciato” la parte occipitale destra e a un anno ha dovuto mettere il pacemaker per regolarizzare il ritmo cardiaco. Sei anni dopo ha cominciato a soffrire di epilessia farmacoresistente, mentre a 17 anni ha avuto il primo ictus a sinistra, seguito tre anni dopo da un secondo ictus a destra.

La madre, intanto, per stare accanto a sua figlia fa tutto quello che può: non ha né cerca un lavoro e continua imperterrita a prendersi cura della sua ragazza sotto ogni aspetto, nonostante abbia lei stessa una malattia rara autoimmune. Per permetterle di terminare la scuola e conseguire il diploma, Anna ha trascorso un intero anno scolastico fuori dall’aula di Valentina, perché nessuno tra personale scolastico ed extrascolastico era abilitato a gestire le sue “crisi di assenza” che avevano e hanno luogo più volte al giorno, della durata di pochi istanti o fino a un quarto d’ora.

Dice che va tutto bene, ma non è così. Si sente giù di morale, perché non esce e non fa niente. Sotto un’apparente serenità si cela una depressione. Ha avuto anche delle crisi di rabbia, a volte. Ha bisogno di una mano”, ha affermato Anna. Troppo “normale” rispetto a chi ha una disabilità e troppo “disabile” rispetto ai cosiddetti normodotati, Valentina stenta a trovare un posto nel mondo. “Un’assistente sociale le aveva proposto di frequentare un centro diurno – ha proseguito la madre – ma lei non accetta di essere considerata disabile. D’altra parte la stessa neurologa che la segue aveva sconsigliato questa soluzione: il contatto con persone con problemi maggiori dei suoi potrebbe comportare una regressione. La mia idea sarebbe quella di farla entrare in un’associazione come volontaria, ma a quanto pare sembra una soluzione difficilmente praticabile. Nel frattempo mia figlia continua a rimanere da sola. E con lei tanti ragazzi e ragazze nella stessa condizione”.

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