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Interruzioni volontarie di gravidanza: in Italia il numero continua a scendere

In base ai dati dell’ultima relazione, del Ministro della Salute al Parlamento italiano, il numero di interruzioni volontarie di gravidanza in Italia è sceso rispetto agli ultimi anni e il tasso di aborti è tra i più bassi del mondo.

di Melania Sorbera

Secondo i dati di questa relazione, l’Italia è tra i paesi con il più basso tasso di aborti al mondo. Da noi si effettuano circa 5,4 interruzioni ogni mille donne tra i 15 e i 49 anni, meno del 6,7% rispetto al 2019. La fascia di età in cui si registrano maggiori eventi è quella compresa tra i 30 e i 34 anni, circa il 9,4 per mille. Il calo più importante di aborti si è registrato nelle ragazze più giovani, al di sotto dei 20 anni, il meno 18,3%, con un dato che passa dal 3,7 per mille del 2019 al 3 per mille del 2020.

Nel 2020 sono stati registrati circa 66 mila interruzioni di gravidanza, il 9,3% in meno rispetto al 2019 e circa un quarto del picco massimo, di 234 mila interruzioni, registrato nel 1983. Si riducono le interruzioni di gravidanza anche nella popolazione femminile straniera che, tuttavia, continua ad avere tassi di aborto più alti rispetto alle italiane, il 12 per mille. Secondo la relazione del Ministero della Salute, aumenta anche la percentuale di interventi effettuati precocemente, quindi a minor rischio complicanze: il 56% è stato effettuato entro le 8 settimane di gestazione, il 26,5% a 9-10 settimane, il 10,9% a 11-12 settimane. Il 6,5% interrompe la gravidanza per motivi terapeutici, dopo la dodicesima settimana. Calano, anche se lievemente, i ginecologi obiettori: nel 2020, la percentuale è scesa al 64,6% rispetto al 67% dell’anno precedente. Il minore tasso di obiezione tra i ginecologi si riscontra in Valle d’Aosta con il 25%, il più alto  nella provincia autonoma di Bolzano con l’84,5%.

Secondo la nostra legislazione l’interruzione volontaria di gravidanza si può richiedere entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Dal 1978 questo intervento è regolato dalla legge 194, “Norme per la tutela della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza”, che sancisce le modalità del ricorso all’aborto volontario. L’intervento può essere condotto nelle strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e nelle strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni. L’interruzione volontaria di gravidanza può essere praticata dopo 90 giorni solo ed esclusivamente quando la gravidanza o il parto comporta un grave pericolo per la vita della donna, oppure quando sono state accertate gravi anomalie del feto che potrebbero danneggiare la salute psicofisica della donna. In entrambi i casi, lo stato patologico deve essere accertato e documentato da un medico del servizio ostetrico e ginecologico che pratica l’intervento, che può avvalersi della collaborazione di specialisti.

La richiesta dell’interruzione è comunicata dalla donna. Nel caso di minorenni, è necessario l’autorizzazione di chi esercita la potestà o la tutela. Se entro i primi 90 giorni, chi esercita la potestà o la tutela si rifiuta di dare l’assenso, è possibile ricorrere al giudice tutelare. La legge indica anche, chiaramente, che l’interruzione volontaria della gravidanza non è un mezzo per il controllo delle nascite. Il medico che esegue l’intervento, infatti, è tenuto a fornire alla donna tutte le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite, oltre che sui procedimenti abortivi.

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