Home » Sperimentazione clinica: il ruolo cruciale del farmacista ospedaliero nello sviluppo di nuove terapie

La sperimentazione clinica e il ruolo del farmacista ospedaliero. Se ne parla al XLI Congresso SIFO, Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie.  www.congressosifo.com 


Firenze 12 Dicembre 2020

La sperimentazione clinica è il processo che studia in modo sistematico gli effetti sull’uomo (pazienti o volontari sani) e sull’animale, di un farmaco, un dispositivo medico e di metodologie chirurgiche, ne misura l’efficacia e la tollerabilità, anche individuando le reazioni avverse. I vaccini anti-Covid, di questi tempi drammaticamente attuali, sono sottoposti a fase sperimentali analoghe a quelle che affronta un farmaco inserito in uno studio clinico. In Italia la sperimentazione clinica ha vissuto, almeno fino ai tempi più recenti, alcuni criticità: gli iter autorizzativi risultano spesso differenziati a seconda dei territori e dei comitati etici presso le aziende sanitarie od ospedaliere in cui sono incardinati. In ragione anche della problematica disomogeneità, tutta italiana purtroppo, e dell’individuazione di proposte e soluzioni, SIFO, Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie, quest’anno ha deciso di richiamare l’attenzione sui processi della sperimentazione clinica in una sessione del XLI Congresso annuale, guidata da Barbara Meini, coordinatrice del comitato scientifico del Congresso SIFO e dirigente farmacista presso l’USL nord-ovest Toscana, da anni impegnata anche come membro in diversi comitati etici sulla sperimentazione clinica.

A spiegare l’importanza di un’uniformità o comunque di un potenziamento del processo negli studi clinici, è la stessa Meini, che ricorda come “la sperimentazione permetta un accesso molto precoce a farmaci potenzialmente efficaci ed innovativi per pazienti che hanno terminato tutte le opzioni terapeutiche disponibili oppure per quei pazienti, spesso pediatrici, affetti da malattie rare per i quali non è disponibile alcun trattamento. In ragione di ciò snellire ed armonizzare le procedure a livello nazionale ed europeo avrebbe un impatto economico, sociale ed etico rilevante”.

Anche le tecnologie giocano un ruolo fondamentale per i trial clinici perché consentono di ottimizzare le risorse umane e valorizzare la qualità del dato. “A titolo di esempio – ha spiegato Meiniil monitoraggio da remoto consente di ridurre le visite dei CRA nei centri sperimentali, con conseguente riduzione dei tempi e dei costi del monitoraggio; altrettanto può l’informatizzazione del Consenso Informato, la quale permette di migliorare la comprensione dei pazienti coinvolti negli studi clinici, riducendo così il tasso dei “drop-out”, cioè dei pazienti che si ritirano dalla sperimentazione in corso; l’informatizzazione delle schede raccolta dati e dei Trial Master File migliorano la qualità e la comprensione dei dati e riducono altresì i problemi relativi agli archivi per le sperimentazioni. Anche nell’ambito della farmacia ospedaliera per la gestione dei campioni sperimentali sono già in uso sistemi di IVRS, di etichettatura elettronica e barcoding utili per la tracciabilità interna attraverso software dedicati”.

Nella sessione sono intervenuti Andrea Marinozzi (AOU Ospedali Riuniti di Ancona), Flavia Ciccopiedi (Comitato Etico Spallanzani, Roma), Carlo Petrini (Direttore Unità di Bioetica e Presidente Comitato Etico, ISS), Enrico Pasut (Dirigente Farmacista Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine), Nicoletta Zallocco (Farmacia Ospedaliera AOU Pesaro), tutti portando esperienze del ruolo che il farmacista ospedaliero sta interpretando nell’ambito della sperimentazione, pur nelle differenze regionali.

Nel nostro Paese, per ovviare alle differenze tra aree geografiche, che spesso scontano anche un deficit tecnologico, sono stati avviati due progetti: il Voluntary Harmonization Procedure che coinvolge i comitati etici ed AIFA, ed il Fast track, del Ministero della Salute ed ancora di AIFA, al fine di ridurre anche i ‘bottleneck’ del sistema sanitario regionalizzato. Lo sguardo però, come ha ricordato ancora una volta Meini, deve essere ‘largo’, europeo: “Il Regolamento EU 536/2014 ha tra i vari obiettivi quello di rendere competitiva l’Europa nell’ambito della ricerca clinica ed accrescerne l’attrattività; anche se entrato in vigore il 16 giugno 2014, non trova ancora oggi la sua applicazione, subordinata all’attivazione del portale europeo, che era attesa nel 2020, questa volta procrastinata anche a causa della riallocazione ad Amsterdam della sede EMA conseguenza di Brexit e l’emergenza COVID-19. In Italia a seguito della Legge 3/2018, abbiamo solo il decreto legislativo 52/2019 per cui la strada appare ancora in salita”.

Il ruolo del ricercatore nella farmacia ospedaliera diventa pertanto cruciale, ha aggiunto Meini: “la ricerca nell’ambito dell’assistenza farmaceutica può supportare le decisioni sull’assegnazione dei budget, sviluppare linee guida e strumenti di supporto decisionale da utilizzare nella pratica clinica”. Non soltanto. Il professionista contribuisce alle decisioni normative e delle agenzie regolatorie, come ha concluso Barbara Meini: “il farmacista ricercatore diviene oggi essenziale in tutto il sistema perché applica la metodologia sperimentale ai diversi ambiti dell’assistenza farmaceutica con lo scopo di raccogliere dati ed evidenze di real world, che vengono utilizzati a livello locale, ma anche a livello regionale e dalle Agenzie regolatorie per monitorare la sicurezza post-vendita e gli eventi avversi e per prendere decisioni normative”.

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