Home » Autismo, essere genitori consapevoli migliora la vita dei piccoli pazienti

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia, i disturbi dello spettro autistico riguardano 1 ogni 77 bambini e circa 500 mila famiglie. Scopriamo qual è il modo migliore per relazionarsi con i figli. Lo facciamo a “Prima Pagina Salute” con Giovanni Valeri, responsabile del Centro per il disturbo dello spettro autistico.


AUTISMO: COME AIUTARE LE FAMIGLIE A GESTIRE LE SFIDE QUOTIDIANE?

Il disturbo dello spettro autistico (DSA) è un disturbo del neurosviluppo che colpisce molte persone in Italia e nel mondo. Secondo le ultime statistiche, 1 bambino su 70-77 è affetto da questo disturbo, il che significa che molte famiglie sono coinvolte nell’accudimento dei loro figli con autismo.

Ci sono molte difficoltà che le famiglie devono affrontare quando si prendono cura di bambini, adolescenti e adulti autistici. Per esempio, molte famiglie hanno difficoltà di comunicazione e l’isolamento sociale dei loro figli, che possono avere difficoltà ad interagire con gli altri.

Altre difficoltà possono includere i problemi comportamentali, come le crisi di rabbia, la tendenza all’autolesionismo e l’iperattività. Alcuni autistici anche hanno difficoltà ad eseguire attività quotidiane, come vestirsi e mangiare autonomamente, mentre altri hanno difficoltà nel comprendere il linguaggio non letterale.

Pertanto, per aiutare le famiglie ad affrontare le sfide quotidiane dell’autismo, è importante che essi ricevano supporto adeguato. È essenziale che ci sia una presa in carico scientificamente e eticamente fondata, supporto educativo, e terapeutico per i pazienti e le loro famiglie.

Inoltre, le famiglie hanno bisogno di risorse sufficienti per gestire il loro carico di lavoro e per affrontare la stigmatizzazione sociale dell’autismo. Ci sono molte organizzazioni che si dedicano all’autismo, ma con un adeguato supporto finanziario del governo, si potrebbe raggiungere molte più persone e fornire loro le risorse necessarie.

AUTISMO: PERCHÈ LA DIAGNOSI PRECOCE È IMPORTANTE?

Il 2 aprile, in collaborazione con le principali associazioni di familiari file ANGSA nazionale, al Bambin Gesù si è svolta un’iniziativa per sensibilizzare sulla necessità di un’attenzione particolare alle persone con autismo. Durante l’evento, è emerso chiaramente come esistano due momenti fondamentali su cui tutta la società dovrebbe riflettere su come aiutare: la diagnosi precoce e soprattutto l’intervento precoce, e la transizione all’età adulta.

La diagnosi precoce dell’autismo è un tema importante: ancora oggi la diagnosi non è facile e richiede circa quattro anni nei paesi europei e negli Stati Uniti. Tuttavia, è possibile fare una diagnosi attendibile a partire dai 23 anni. Ma dopo la diagnosi, cosa succede? I genitori spesso si trovano in difficoltà nel trovare la terapia giusta. Qui entra in gioco l’ospedale Bambin Gesù, che sta lavorando per trovare una risposta al momento drammatico che segue alla diagnosi.

Il secondo momento critico riguarda la transizione all’età adulta, che avviene intorno ai 18 anni. In primo luogo, finisce l’esperienza scolastica, che con tutti i suoi limiti rappresenta uno spazio di socializzazione importantissimo. In secondo luogo, spesso si interrompe la presa in carico nei servizi di neuropsichiatria infantile che, con tutte le difficoltà del caso, hanno una cultura della presa in carico dell’autismo.

Al contrario, i servizi per gli adulti ancora oggi non hanno questa cultura. Il risultato è che molti adulti con autismo infantile finiscono per essere presi in carico da servizi destinati agli adulti senza competenze specifiche per l’autismo.

QUANTO SONO SOSTENIBILI QUESTE TERAPIE DA PARTE DELLE FAMIGLIE?

Il problema principale risiede nel fatto che alcune terapie comportamentali intensivi possono richiedere dai 20 ai 25 ore a settimana, impegnando notevolmente i professionisti coinvolti. Fortunatamente, è stato dimostrato che non tutti i bambini necessitano di un intervento così intensivo e impegnativo per lo sviluppo dell’infanzia. Al contrario, le terapie mediati dai genitori sono efficaci e richiedono solitamente tra le 15 e le 30 ore in sei mesi.

L’ospedale pediatrico Bambino Gesù ha sviluppato un modello di terapia mentale dei genitori cooperativa che migliora la qualità della vita dei pazienti. Il modello ha superato la prova empirica, con uno studio randomizzato controllato che ha dimostrato che la terapia ha un effetto positivo sulle competenze socio-comunicative del bambino.

L’intervento ha una durata complessiva di 15 sedute di due ore, distribuite in sei mesi. Lo scopo principale non è migliorare il bambino durante le due ore della seduta, ma insegnare al genitore metodologie personalizzate per stimolare le competenze socio-comunicative del proprio bambino durante l’intera giornata.

Il beneficio principale delle terapie mentali dei genitori cooperativa risiede nella sostenibilità dell’intervento. Grazie alla formazione del genitore, che apprende strategie scientificamente valide per stimolare il proprio figlio, le competenze acquisite si ripercuotono su tutta la giornata e risultano più naturali ed efficaci delle terapie intensive che necessitano dell’intervento di professionisti.

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