Studio della SAMOT, l’associazione di cure palliative, per analizzare la pratica clinica in tema di utilizzo del catetere vescicale al domicilio.
Uno studio per analizzare la pratica clinica in tema di utilizzo del catetere vescicale al domicilio. A realizzarlo il Servizio infermieristico della SAMOT (Società per l’Assistenza al Malato Oncologico Terminale), l’associazione di cure palliative, guidato da Giuseppe Intravaia, dirigente infermieristico. Uno studio che s’inserisce nell’ambito delle buone pratiche mirando a migliorarle nell’ottica del benessere del paziente.
La ricerca dell’appropriatezza clinica nelle cure domiciliari è un obiettivo che la SAMOT porta avanti costantemente. Da qui l’avvio dell’analisi che è stata anche presentata nell’ambito del XXX Congresso nazionale della Società Italiana di Cure Palliative (SICP) svoltosi qualche settimana fa a Riccione.
CATETERE VESCICALE
Il catetere vescicale non sempre è l’unica soluzione possibile, così come riportato dalle linee guida internazionali. L’utilizzo del catetere vescicale a permanenza è una pratica trasversale in ambito clinico. Pur essendo una procedura ricorrente, espone il malato a rischio infettivo.
“Il 40% delle infezioni correlata all’assistenza sanitaria (ICA) riguarda l’apparato urinario e circa il 65% di queste è causato dal catetere vescicale a permanenza. – spiega Intravaia, componente anche del tavolo tecnico istituito dalla SICP con l’Associazione infermieri di urologia ospedaliera – La letteratura scientifica dimostra che, in alcuni casi, purtroppo, si continua a fare ricorso al catetere vescicale in modo inappropriato, ossia anche quando sarebbe possibile fare ricorso a rimedi alternativi. Sebbene, infatti, le indicazioni per il cateterismo siano state ampiamente delineate dalla letteratura scientifica, i rapporti sull’uso inappropriato anche al domicilio variano dal 21% ad oltre il 50%”.
STUDIO SAMOT
Lo studio della SAMOT è stata condotto su 1072 malati assistiti nelle province di Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta e Ragusa. L’indagine ha coinvolto tutti gli infermieri dell’associazione ed ha consentito di analizzare i casi nei quali l’èquipe ha fatto ricorso al catetere vescicale a permanenza, mettendo a confronto i dati con la letteratura scientifica. Nel 28% degli assistiti è stato riscontrato l’utilizzo del catetere vescicale a permanenza.
Il ricorso al catetere vescicale al domicilio cresce con l’aumento della complessità assistenziale: infatti, il 64% dei malati portatori di catetere vescicale era assistito nel livello di cure palliative specialistiche. Nel 39% l’indicazione al catetere vescicale è stata legittimata dall’incontinenza urinaria in presenza di lesioni cutanee da pressione, nel 30% dei casi da ritenzione urinaria acuta, nel 15% dalla cura del comfort del malato. Altra motivazione che rende appropriato il ricorso al catetere vescicale è il dolore alla mobilizzazione (4%), seguito dal rischio di frattura a seguito della mobilizzazione (4%).
“Seppur la percentuale di utilizzo inappropriato del catetere vescicale (8%) sia di molto inferiore alle medie riscontrate in letteratura, – sottolinea Intravaia – l’obiettivo della SAMOT è stato analizzarne le motivazioni al fine di contenere ulteriormente il fenomeno. Sono state così argomentate tutte quelle condizioni che rendono inappropriato l’utilizzo del catetere vescicale, con la finalità di perfezionare sempre più le scelte terapeutiche individuate per i malati”.
Oltre alla condivisione in sede congressuale, i dati sono stati restituiti all’intera èquipe infermieristica durante le riunioni di formazione periodiche: “Misurare gli esiti mette nelle condizioni l’associazione di monitorare l’andamento dell’assistenza ed individuare le azioni correttive e quindi migliorative. – conclude il dirigente infermieristico – Qualunque pratica clinica al domicilio deve tener conto anche del grado di preparazione che il caregiver ha nel mettere in atto in sicurezza alcune pratiche assistenziali su indicazione e guida dell’èquipe sanitaria. A tale indicazione non si sottrae la gestione del catetere vescicale al domicilio, nella quale il caregiver recita una funzione di supporto indispensabile per il buon esito delle cure”.
Lo studio è stato condotto facendo leva sui quattro riferimenti guida che rendono appropriate le pratiche infermieristiche: l’evidence based nursing, le competenze professionali, le risorse disponibili e la volontà del malato che deve essere formalizzata attraverso il consenso informato ed il costante rinnovo dello stesso nel tempo.
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