240 pazienti trattati e prima cell factory pronta a partire nel 2026. L’Ematologia del Policlinico Sant’Orsola di Bologna guida in Italia il fronte della ricerca e dell’utilizzo delle terapie Car-T contro i tumori del sangue.
Con 240 pazienti trattati finora, e la prima cell factory pronta a partire nel 2026, l’Ematologia del Policlinico Sant’Orsola di Bologna guida in Italia il fronte della ricerca e dell’utilizzo delle terapie Car-T contro i tumori del sangue. Il punto è stato fatto oggi a Bologna, con un’iniziativa promossa da AIL – Associazione Italiana contro le Leucemie – linfomi e mieloma ETS. E per tre giorni, a partire da domani, martedì 13 maggio, sarà al centro del meeting internazionale Hematology Summit, dedicato alla memoria di Sante Tura. L’Istituto di Ematologia ‘Seragnoli’ del Policlinico bolognese ha trattato finora 240 pazienti con Car-T, di cui 190 linfomi, 46 mielomi e quattro leucemie acute linfoblastiche. A questi numeri si aggiungono oltre 240 trial clinici, di cui un terzo sui linfomi, con farmaci sperimentali di fase uno, fase due e fase tre. Il 40% dei pazienti viene da fuori regione.
Negli ultimi cinque anni, si sottolinea dal Sant’Orsola, si è allungato l’elenco delle Car-T autorizzate per alcuni tumori del sangue. Ad oggi sono più di 11 e stanno partendo studi di fase uno per la seconda generazione di Car-T autologhe, quelle cioè prodotte con i linfociti T del paziente stesso. Ma sono in corso anche diversi studi per la produzione di Car-T allogeniche, cioè prodotte da donatori sani o da cellule staminali. Molto però resta ancora da fare. Per i prossimi anni si punta infatti ad allargare le indicazioni di utilizzo e anticipare l’uso delle Car-T nelle prime linee, diminuirne la tossicità, accorciare i tempi di produzione e di ricovero, aumentare la potenza e la durata a dosi più basse, ridurre i costi di produzione. In questo percorso si inserisce appunto il progetto dell’Irccs-Sant’Orsola di realizzare la prima ‘cell factory in Emilia-Romagna per la produzione di Car-T accademiche, ossia realizzate in ambito ospedaliero-universitario a scopo no profit e per studi clinici.
“Abbiamo davvero alzato l’asticella – afferma Pier Luigi Zinzani, direttore dell’Istituto di Ematologia del Sant’Orsola e presidente della Società italiana di ematologia – questa è la vera medicina di precisione“. La tecnologia delle Car-T, spiega, “ci dà ogni anno la possibilità di curare il 20-25% dei pazienti che altrimenti non avrebbero avuto fortuna“. Solo per i linfomi, sottolinea Zinzani, questa quota sale al 30-35% e le prospettive sono di ulteriore miglioramento. Ci sono studi infatti sull’utilizzo delle Car-T in seconda linea che arrivano al 50% di casi guariti, ma si parla addirittura di remissione nell’80% con l’uso di questa terapia in prima linea. Oggi, aggiunge Francesca Bonifazi, responsabile delle Terapie cellulari del Sant’Orsola, “il problema principale delle Car-T non sono più le complicanze: chi va in terapia intensiva oggi è circa il 10%. Le sappiamo prevenire, oggi il limite più grande è il fallimento della terapia. Sulla sicurezza possiamo dare rassicurazioni, c’è invece ancora da fare sulla sua efficacia“.
Non tutte le tipologie di tumore del sangue, del resto, oggi sono coperte dalle Car-T. La prima ‘cell factory‘ avrà due camere bianche per la produzione di Car-T e sarà ospitata al padiglione 13 del Sant’Orsola (Pediatria). Ma è già in progetto la realizzazione di una seconda ‘fabbrica’, più grande, all’ultimo piano del futuro nuovo polo oncoematologico che sorgerà al Policlinico, grazie alla Fondazione Seragnoli. In futuro, prevede Bonifazi, “ci sarà una produzione di Car-T su larga scala da parte delle company, ma resterà anche quella accademica. Non si potrà fare a meno della parte no profit, perché genera futuro e produce Car-T per quelle patologie rare che non sono di interesse per le case farmaceutiche. Dipenderà dagli investimenti sul Servizio sanitario nazionale“.
La tecnologia delle Car-T è tanto innovativa quanto costosa. Per ogni paziente vengono investiti centinaia di migliaia di euro a trattamento. Come si tiene allora insieme questo con il problema delle risorse? “Con l’intelligenza delle persone che vi lavorano – risponde Massimo Fabi, assessore regionale alla Sanità – che riescono a utilizzare al meglio i finanziamenti che l’innovatività delle scoperte che portano avanti. Questo è un elemento essenziale“. Secondo l’assessore, però, “il tema della sostenibilità riguarda anche cosa questo Servizio sanitario nazionale è disponibile a fare per sostenere e far sviluppare ulteriormente queste eccellenze straordinarie, che non sono solamente di Bologna o dell’Emilia-Romagna, ma di tutta Italia e tutta Europa”.
Queste esperienze, sostiene Fabi, “non solo devono continuare, ma devono incrementare ulteriormente la loro capacità innovativa. Come Regione Emilia-Romagna facciamo la nostra parte“. Grazie alla ‘cell factory‘ accademica, sottolinea l’assessore, “il pubblico comincia a ricercare, produrre e mettere a sistema le nuove scoperte, portando vantaggi anche in altri settori. Non è alternativo alla ricerca che si fa col biomedicale, ma copre quelle lacune che in fase di start up che devono vedere il pubblico come protagonista. È questo l’elemento essenziale e su questo intendiamo investire“. La ‘cell factory‘ accademica, aggiunge Fabi, “va anche a copertura di quelle patologie rare per le quali il privato non è disposto a investire. Allora noi lo faremo e continueremo farlo, ricercando le collaborazioni necessarie per rendere sostenibile il tutto: finanziamenti nazionali nel pubblico e collaborazione col mondo della produzione privata“.
La ricerca sulle Car-T viene sostenuta anche da AIL. “Quando furono introdotte – ricorda il presidente nazionale dell’associazione, Giuseppe Toro – i nostri centralini vennero presi d’assalto dai pazienti che chiedevano informazioni. Oggi centinaia di malati hanno ritrovato la speranza dopo tanti fallimenti terapeutici. Oltre 1.800 pazienti ad oggi sono stati trattati in Italia e sono 44 i centri abilitati, la ricerca avanza rapidamente e siamo solo all’inizio. Non possiamo permettere che questi progetti di cura siano rallentati da meri calcoli economici – avverte Toro – ci sono centri con 200 casi e centri con quattro, questo pone un problema di sostegno e di programmazione. Serve una regia nazionale, perché le Car-T non possono alimentare le liste d’attesa. Col Ministero bisognerà mettere in campo un ragionamento anche su questo“.
AIL a Bologna, nel solo 2024, ha assistito 197 persone ed effettuato più di 16.500 prestazioni, con un investimento di mezzo milione di euro. Casa Ail, nel 2024 ha ospitato 391 pazienti e ha contato oltre 6.500 presenze. E’ stato inoltre fornito supporto psicologico a 293 persone, per un totale di 1.400 colloqui, e oltre 1.100 viaggi casa-ospedale con il trasporto navetta dedicato. L’anno scorso sono stati stanziati inoltre 1,2 milioni di euro da parte di Ail a sostegno di 44 progetti dedicati alle principali patologie oncoematologiche. Investimento che ha permesso di finanziare 44 ricercatori e professionisti. Un impegno ad hoc è stato inoltre dedicato proprio al progetto della ‘cell factory’.

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